Se parliamo di attesa, inevitabilmente dobbiamo parlare del tempo. Non tutte le attese hanno lo stesso tempo, mentre fisso le tristi seggioline della sala di attesa dell’ospedale, sembra che il tempo non passi mai, non scorra, sia cristallizzato, sento rumori ovattati che si alternano ai passi frettolosi di chi rischia di arrivare in ritardo, oppure quelli dei carrelli dei medicinali o delle barelle. Anche i colori mi sembrano più sfuocati: sebbene ultimamente si tenti di rendere più accoglienti certi ambienti, le pareti sono comunque impregnate di sofferenza, dolore e spesso speranze disattese. Che poi non è così in tutti i reparti, in quello maternità, salvo eccezioni, il clima è più gioioso, anche se esiste l’attesa, questa è carica di un’energia diversa, come quando dal buio della notte ci accingiamo ad accogliere la luce dell’alba e le speranze riposte nel nuovo giorno.
Invece mentre aspetto in un altro reparto( ed è una vita che aspetto seduta su queste scomode seggioline) la mia testa è affollata da pensieri che rendono questo tempo lunghissimo e si alternano speranza e ottimismo a rabbia, frustrazione e paura, come se il mio viaggio partisse dal tramonto per affrontare la notte.
Mi sento spesso dire che “dovrei essere abituata”, ma davvero ci si abitua? forse ci si rassegna ogni volta di più perchè non possiamo gestire noi il tempo e neanche la sua percezione. O forse quella si?
Io provo, provo a riempire quei tempi, come faccio con i silenzi che diventano pesanti, come provo a fare con tutte le cose, esperienze, persone che mi provocano ansia e dolore.
Per tradurvi in maniera pratica, e non solo in più o meno belle parole, vi dico quello che faccio mentre aspetto: fingo che il tempo non esista, mi concentro sul lavoro degli altri, su una formica, su una crepa nel muro e invento. Osservo le persone, immagino le loro vite, le loro storie, mi focalizzo su stupidi particolari: “chissà dove avrà comprato quelle scarpe”, ” Chissà perchè non si toglie la giacca che fa così caldo”, non permettendo al tempo di darmi il suo ritmo ma focalizzando la mia attenzione sul fatto che è solo una invenzione dell’uomo, sono io (come essere umano) che l’ho creato, e devo essere io a gestirlo, a far si che sia lui al mio servizio e non io al suo, che sia lui a rincorrere me e non viceversa.
Al contrario, quando l’attesa è per cose belle cerco di centellinarla, di rallentare, perchè l’adrenalina, l’emozione che accompagnano il periodo prima di qualcosa di speciale, sono uniche e irripetibili. A volte è importante crearsi questo tipo di attese, non comprare subito una cosa che desideriamo (anche se potremmo averla subito), rimandare un appuntamento, un bacio…
Sono qui che aspetto, e scrivere ha reso, anche l’attesa di questa incognita, diversa. Non ha vinto lui, l’attesa è finita.
marco
Ottobre 21, 2021Quindi posso fare tardi? Sono giustificato da non farmi guidare dal tempo ? (Ah!) peccato mancano le emoticon… :-))
Monia Tucci
Ottobre 21, 2021….
Cristina Dalessandro
Ottobre 21, 2021Come sai questo è un n mio momento di non-tempo. E sì l’attesa diventa osservazione del tutto. E ti accorgi di quanto tempo perdi nel non sentire ogni istante. Come te anch’io mi sono domandata dove hanno comprato le scarpe…..anche degli orecchini scandalosi
Monia Tucci
Ottobre 21, 2021…per non parlare degli accessori…