Quanti anni sono trascorsi dall’ultima volta che ti ho abbraccciato? 5? 10? troppi.
Ti abbraccio ancora nei miei sogni, rivivo la nostra ultima passeggiata insieme, in via Cavour, quando con passo lento e affaticato mi dispensavi preziosi consigli, mi pregavi di continuare a fare cose, di non perdere la mia vivacità e io, sebbene ancora non ci fossero i presupposti, capivo che mi stavi salutando lentamente e prolungavo quella passeggiata come si prova a prolungare un addio che non si vuole sentire.
Il tuo abbraccio è sempre nei miei sogni ed è pesante svegliarmi e non sentire più quella stretta. Mi hai sempre detto che il tuo nome è quello di un eroe della Gerusalemme liberata, ma io non l’ho mai trovato in quelle pagine, come adesso non trovo più te nelle pagine della mia vita.
Eppure ci sei, nonostante la tua assenza, sei aria, sei respiro, sei in ogni cosa di quel mondo che mi hai insegnato ad amare nonostante la cattiveria, le mancanze, le cose brutte che lo caratterizzano. Sei stato due anni prigioniero dei tedeschi in un campo di concentramento, hai vissuto tragedie immani, sulla tua pelle, sei stato picchiato a sangue per delle bucce di patata che ti hanno tenuto in vita, eppure non mi hai mai insegnato ad odiare, mi hai trasmesso solo speranza e voglia di vivere. Negli anni l’azzurro dei tuoi occhi è diventato sempre più chiaro, fino a scomparire, forse perchè doveva mimentizzarsi col colore del cielo, dove ti immagino vagare adesso.
Spengo le candeline al posto tuo e ti dico ancora grazie. E’ stato un immeritato privilegio essere tua nipote.
Auguri Nonno.
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