Buongiorno!!!I Oggi ospitiamo La bellissima mostra virtuale della poliedrica artista Simona Dipasquale, la dolcissima poesia di Donatella Cheri, e la terza puntata del libro di Valentina Brasca che ci porta sempre più dentro la storia del cane Argo.
Ringrazio tutti.
Buon divertimento e…continuiamo a farci compagnia!!!
CACCIA AL SIMBOLO
DEL PROF. RICCARDO SPINELLI
Informazioni sul quadro di ieri: “Paolo III riconcilia Carlo V e Francesco I – Sebastiano Ricci”
Quesito di oggi dell’opera sottostante: “raccontateci voi la scena”
rispondete numerosi….
e divertitevi con i commenti di ieri….
CAPITOLO TERZO
“Buon giorno”, disse il piccolo principe.
“Buon giorno”, disse il mercante.
Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete…
Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere.
“Perché vendi questa roba?” disse il piccolo principe.
“È una grossa economia di tempo”, disse il mercante.
“Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatré minuti alla settimana”.
“E che cosa se ne fa di questi cinquantatré minuti?”
“Se ne fa quel che si vuole…”
“Io”, disse il piccolo principe, “se avessi cinquantatré minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana…”
I
“Per favore, appena hai un minuto di tempo verresti a chiudere il buco dietro la televisone? Non riesco a ricordare accidenti, ma chissà quanto tempo è che sta lì e come sarà venuto!” chiese Julia ad Ernesto quando fecero ritorno al condominio. Non dette più importanza al fumo e all’alito, pensando appartenesse tutto allo stato in cui Panico l’aveva fatta cadere e procedendo velocemente verso le scale con il pensiero rivolto alla montagna di cose che aveva da rimettere a posto in casa.
“Verrò”rispose Ernesto con calma e un mezzo sorriso.
“Raccogliere gli oggetti in terra, magari c’è qualcosa che mi è sfuggito,badare che Argo non si faccia dell’altro male, controllare che anche il divano non sia stato morso e ne sia uscita gommapiuma che potrebbe soffocarlo, spazzare, dare il cencio, controllare che il telecomando funzioni ancora, poi fare la spesa, ritornare e dare l’antidolorifico prima di rientrare a lavoro per il turno di notte” Julia era solo al quinto scalino e pensare a tutte queste cose la stava affaticando come se ne avesse fatti cinquanta. Argo nel frattempo si era ripreso completamente dalla sedazione e la precedette nell’ingresso di casa.
Appena fu dentro si precipitò ad afferrare con i denti il telo per terra e cominciò a strattonarlo scuotendo la testa a destra e sinistra, lasciando che si mescolassero i suoi ringhi al rumore della stoffa che si lacerava. Julia si avventò su di lui per strappargli il telo di bocca gridando con i battiti del cuore in gola, ma Argo la spaventò con un ringhio più forte rivolto a lei. Julia si fermò. Si sedette a terra e, ammettendo di aver sbagliato, ma non di essersi arresa, disse ad Argo un lento e scandito “Lascia”, trasportato dalla bassa voce che i suoi polmoni stanchi e desiderosi di pace le avevano ancora permesso. Argo a quel punto lasciò e si sedette anche lui davanti a lei, poi si alzò e le leccò il naso. “Chiedi con gentilezza, non alzare la voce inutilmente, non riversare su di me la tua rabbia, la tua ansia e la tua stanchezza e io sarò al tuo fianco per aiutarti”. Argo le aveva comunicato le stesse cose di Gianni e di Ernesto, ed era solo un cane, anzi, un ibrido.
In quello stato di ritrovata calma rimettere a posto la stanza non le rubò che poco più di mezz’ora.
L’unico canale aperto della mente di Julia era adesso quello davanti a sé, che la portava a raccattare e pulire via via che avanzava nella stanza. Tutto ciò che conduceva altrove era chiuso. Argo la seguiva tranquillo dal divano con le palpebre semichiuse. Quando Julia ebbe terminato il suo lavoro, si sedette accanto a lui e, accarezzandolo, accese la televisione con il telecomando. Funzionava perfettamente. Si sintonizzò su un vecchio film western poco impegnativo. Continuò ad accarezzare lentamente Argo mentre lui dormiva abbandonato alla sua mano e a chissà quale sogno.
Dopo circa mezz’ora, un particolare stato di benessere la avvolse come una sciarpa calda e, mentre i suoi pensieri vagavano oltre il film che aveva davanti, verso il suo lavoro e verso le parole di quel giorno del veterinario, non riusciva a provare né ansia, né rancore, ma una sorta di comprensione al di là delle parti. Mentre gustava il sapore di quello stato quasi ascetico, le immagini del film sparirono improvvisamente dallo schermo, che cominciò a riempirsi di righe orizzontali e a vibrare come se ci fossero delle interferenze. Julia ripensò allora al buco e al fumo, chiedendosi se potesse esserci un collegamento e, con sua grande sorpresa, si accorse di nuovo che quello che stava accadendo e le circostanze che potevano provocarlo la lasciavano emotivamente indifferente. Nessuna perdita di controllo, niente Panico, neanche sudore o turbinare di pensieri. Rimase tranquillamente ferma dov’era, continuando ad accarezzare Argo, osservando quelle interferenze davanti a lei come se fossero state il secondo tempo del film, un film originale, bizzarro come lo era il fatto che lo stato in cui si trovava somigliasse in maniera impressionante a quello provocatole dall’inalazione di ossitocina.
L’orologio appeso alla parete le ricordò che era tardi. Doveva prepararsi per andare a lavoro. Spense la televisione.
Argo scese dal divano e annusò lo schermo, ma Julia era già in bagno a truccarsi.
Scendendo le scale fu fermata dalla signora del primo piano che aprì la porta come una furia sentendola passare.
“Oggi pomeriggio il suo cane ha fatto un sacco di confusione, guardi signora che non va bene così, io chiamo i vigili…”
“Allora continui pure a parlare con me…è un cucciolo, può capitare, come capita che un bambino faccia i capricci, per fortuna sono vivi…”
La signora, che le aveva sempre rivolto a malapena il saluto, cosa che faceva con tutti i condomini, e per questo non sapeva neanche che lavoro facesse Julia, indietreggiò in silenzio e cambiò argomento “ha visto quanto sporcano le piante di quella di sopra? Il vialetto d’ingresso è pieno delle sue foglie e…
“Signora, saranno una decina di piccole foglie sparse in venti metri quadrati….mi scusi, ma devo scappare…” . La donna rimase piantata sulla porta, incredula di tanta indifferenza. Julia si tirò dietro il portone d’ingresso del condominio. Alzò gli occhi verso le belle piante di Ida che regalavano ombra al piccolo piazzale surriscaldato.
“Avrei dovuto immaginarlo, un’altra Talpa al primo piano. Argo ti prego, cerca di star buono !” pensò.
II
Incontrò Gianni prima di arrivare alla stazione di polizia. Stava passeggiando con Carcarodonto.
“Ciao Julia”.
Un signore anziano con il bastone si fermò vicino a Gianni, che fece un passo indietro insieme a Carcarodonto per farlo passare.
“Scusi”, disse Gianni rivolto all’uomo, “eravamo un po’ nel mezzo”
“Grazie”, rispose il vecchio e, riprendendo lentamente a camminare, lasciò passare la sua mano rugosa e tremante sul muso di Carcarodonto, che scodinzolò.
“Oggi non sarò di turno con te Julia. Ho fatto più tardi ieri sera”
“Èsuccesso qualcosa?”
“Si, purtroppo. Un uomo in giacca e cravatta ha investito sulle strisce il cane di una donna. Stava guardando sul telefono il video del figlioletto in America che faceva sci d’acqua”.
Julia vide una lacrima scendere dai suoi occhi.
“È sceso dalla sua BMW cabrio inveendo contro la donna che secondo lui camminava troppo lentamente e non aveva accelerato neanche al suono del clacson e al lampeggiare degli abbaglianti”.
“Gianni…” Julia cercò istintivamente la testa di Carcarodonto con la mano.
“Il cane è morto?.”
“No Julia, per fortuna era abbastanza grande ed ha solo fratture alle zampe posteriori”. Altre due lacrime scesero.
“La padrona è sotto schock. Ha soltanto quel cane al mondo. Le cose non stanno andando affatto bene. Fare il nostro mestiere non è più far rispettare le regole, ma assomiglia a quello di un infermiere al fronte, dove ti trovi davanti centinaia di feriti da una volontà tutta umana di guerra e di prevaricazione. Presto abbandonerò questo posto. Devo proteggere Carcarodonto e capire cosa possiamo sforzarci di fare. Gli eventi sembrano precipitare vorticosamente come le macchine che rispondono solo al comando della fretta. Possiamo far qualcosa, ma non qui. Altrove.”
“Stavo pensando che se te ne andrai mi mancherai molto. Ho sempre da imparare da te. Adesso, per esempio, voglio raccontarti una cosa strana che mi è successa oggi con Argo e che mi accade di nuovo adesso con Carcarodonto. Ero sul divano e, accarezzando Argo, ho avvertito ad un certo punto una piacevolissima sensazione di pace con me stessa e con il mondo. Ora, mentre tu mi parlavi, accarezzare la testa di Carcarodonto mi ha permesso di smussare il dolore della notizia della tua prossima partenza e di mantenere il controllo. Non si tratta di una cosa facile per me. Ho la sensazione che questo stato particolare sia in qualche modo connesso al contatto con i cani….”
“Lo è. Hai fatto la conoscenza di un altro tipo di Flusso, il Flusso ossitocinico. Attraverso il contatto con il proprio animale si attiva questo Flusso che pervade sia il cane che il suo compagno umano. È un Flusso generatore di calma ed empatia e può essere estremamente potente. Viene anche chiamato la Droga dei Kuomi, perché attraverso di esso conseguono una forza enorme.”
“Ma Gianni….l’ossitocina…la uso da una vita, cel’ho sempre in borsa, senza di lei non saprei come fare..”
“Accarezzando Argo puoi assorbirne una dose molto più grande e di più lungo effetto, fin quando non entrerà definitivamente a far parte di te come il sangue che ti scorre nelle vene”.
“Gianni, è grazie a questo Flusso che sei così come sei?”
“Sicuramente, in buonissima parte. Una mente tranquilla funziona molto bene per dirigere il traffico, anche senza orecchie rotanti, ma mi auguro che un giorno non ci sia più bisogno di nessuna direzione”.
“Come sai delle mie orecchie? Non lo sa nessuno…”
“I Kuomi si”.
III
Col passare delle settimane la partenza di Gianni si faceva più vicina. Ma non c’era una data precisa e questo, da una parte, permetteva a Julia di vivere giorno per giorno come se lui fosse rimasto per sempre, dall’altra la faceva cadere in stati di crisi profonda quando l’adolescenza difficile di Argo, che ormai aveva quasi un anno e mezzo, la metteva con le spalle al muro. Era un cane forte. Per strada abbaiava contro tutti i cani che avanzavano con fare sicuro, coda ritta, testa alta. Julia cercava di tenerlo e ci riusciva con molta fatica. Spesso le veniva da piangere perché non sapeva cosa fare e sentiva tutta la sua fragilità fisica e mentale, desiderando soltanto trasformarsi in un uomo grande e muscoloso capace di tenere a freno le sfide di Argo. Si, era questo che lui faceva, la sfidava in ogni momento. Tirava al guinzaglio cercando di prendere il comando del loro piccolo branco, decideva se mostrarsi aggressivo o tollerante con i cani che incontravano, saliva sul divano di casa sfidando Julia ad essere abbastanza convincente nel farlo scendere. Nonostante ciò, Julia continuava a pensare che i consigli del veterinario non fossero giusti. Qualcosa le diceva che alzare le mani su Argo non sarebbe stata la strada giusta. Doveva accadere qualcosa nello scambio di Flusso. Una volta le capitò di affidarlo al suo collega Francesco fuori da un negozio e, dopo pochi minuti, lo sentì abbaiare inferocito. Francesco lo strattonava col guinzaglio gridandogli insulti con voce acuta e stizzita. Quando fu sulla porta del negozio, Julia vide Argo aprire la bocca sul braccio di Francesco e si sentì gelare. Ma Argo non strinse, limitandosi al solo gesto di avvertimento. Naturalmente Francesco cominciò a dirle che si trattava di un cane pericoloso, che se solo l’avesse graffiato con i denti l’avrebbe portato lui stesso alla Asl di competenza per farlo abbattere, che Julia avrebbe dovuto prendersi un barboncino e non un bestione mezzo lupo come quello.
Fu proprio questo episodio con Francesco che risollevò Julia dallo stato di torpore. Doveva difendere Argo e mantenere la promessa fatta il giorno in cui lo ricevette in dono. Iniziò così una specie di allenamento. Prima di uscire accarezzava mezz’ora il suo ibrido per attivare il Flusso ossitocinico, tralasciando faccende di casa che potevano essere rimandate senza conseguenze sulla vita di nessuno. Sotto l’effetto del Flusso, Julia si avviava lentamente alla porta e lentamente prendeva il guinzaglio chiedendo pacatamente ad Argo di sedersi. L’effetto del Flusso era straordinario e le braccia di Julia nel tenere il guinzaglio rimanevano miracolosamente rilassate. Nessuna tensione tra la sua mano, il guinzaglio e il collo di Argo, ma un filo leggero e continuo di messaggi calmi e chiari. Quando incrociavano un altro cane, Julia richiamava l’attenzione del suo ibrido, che la guardava sorridendo, tralasciando il chiarimento dei ruoli. Giorno dopo giorno Julia avvertiva che l’affetto di Argo verso di lei si arricchiva di un nuovo elemento: la stima. Concentrandosi sul suo cane e sulla comunicazione costante con lui, Julia smise poco a poco di rimuginare sulle sue paure o sulle cose da fare dopo o domani, mentre Argo sentiva la sua presenza mentale, la sua volontà ferma e il grandissimo amore che rendeva possibile tutto questo. Nessun essere umano era stato capace di smuovere in lei un simile cambiamento. Argo lo accettò senza giudicare, senza confrontare con un prima o con un dopo, senza perché e senza ma. Si era trattato di un semplice scambio emotivo. E tutti e due ne uscivano rafforzati. Trasformarsi in un uomo alto e muscoloso fu un sogno che Julia non fece mai più.
IV
Sotto la spinta della ritrovata armonia con il suo cane, Julia decise di spingersi oltre i confini già esplorati. Ogni giorno l’avrebbe portato in un posto diverso. Cominciò col farlo salire in autobus, ma Argo si impuntò. “D’accordo, aspetteremo il prossimo” pensò Julia, che cercò di condurre Argo a salire sul secondo autobus che si fermò. Ma anche questa volta Argo non era pronto a muoversi. “Aspetteremo il terzo…” pensò Julia. Ma anche il terzo tentativo fallì. Argo continuò a studiare una decina di autobus, continuando a non mostrare ancora alcuna intenzione di salire a bordo. All’undicesimo tentativo finalmente fu pronto e balzò sopra. Ci volle più o meno lo stesso numero di tentativi per salire sul tapis roulant di un supermercato e per varcare la porta a vetri scorrevole di un grande magazzino. Ogni volta Julia usciva di casa con una precisa tabella di marcia piena di tante cose da fare, ma puntualmente riusciva a portarne a termine soltanto una, allenando in maniera portentosa la sua pazienza. Anche quando scendevano dalla macchina in un posto nuovo, Argo si sedeva impettito e osservava varie volte a destra e sinistra prima di decidersi a fare un passo. Ed il piano di marcia saltava ancora. Le prime volte Julia aveva la sensazione di perdere un sacco di tempo e tornava a casa delusa. Col passare dei giorni cominciò ad imitare il comportamento del suo cane. Scesa dalla macchina, si fermava anche lei guardando a destra e sinistra. Si accorse di vedere cose cui non aveva mai fatto caso, di sentire se l’aria era ferma o soffiava un po’ di vento, di percepire i diversi suoni che arrivavano alle sue orecchie da ciascuna singola via dell’incrocio. Piano piano imparò ad ascoltarsi prima di fare un passo e questo cambiamento non riguardò solo il movimento fisico del suo corpo, ma anche il movimento dei suoi pensieri e delle sue emozioni. Tutto sembrava acquistare maggior chiarezza e, finalmente, le sembrava di poter cominciare a decidere.
“Se ti fermi ad osservare, la tua caccia molto probabilmente avrà un esito migliore. Studia il piano di attacco con molta pazienza, non buttarti alla cieca, ricordati di diffidare” sembrava dirle il lupo. “Ora vai, da quella parte c’è qualcosa di buono per te, andiamo a conoscerlo e festeggiamo insieme” sembrava dirle il cane. La doppia natura di Argo sembrava penetrarla e far riemergere in lei qualcosa di sommerso. Lei era un ibrido, né forte, né debole, né coraggiosa, né vile, né sempre felice ed estroversa, né sempre triste e chiusa. Le tornarono alla mente le parole di Elisa “Io sono Brina e sono il cucciolo bianco, sono la mamma e sono la guardiana, sono l’amore e sono l’odio, sono la gialla estate assolata e sono il bianco gelido inverno”. Cominciava a capire perché la scelta del suo cucciolo era atterrata su un meticcio, su un groviglio di geni e di esperienze sconosciute al di là delle manipolazioni umane, al di là del buono e del cattivo, dell’accogliente e del guardiano, della madre, del padre, del figlio e di qualsiasi ruolo. Era stato l’incontro con quel Caos che aveva sempre sentito dentro di sé, sollevato per bussare alla soglia della sua coscienza dalle impetuose ondate di Panico. Lei ed Argo avevano continuato ad incontrarsi, ogni giorno dal primo giorno, in uno scambio di Flussi nel quale ciascuno dava il meglio di sé all’altro, nella lenta faticosa costruzione di una coppia in cui il tutto era molto più della somma delle parti.
V
“Sei pronta anche tu, Julia. Ernesto ti guiderà. Ti aspetto. Gianni”.
Julia trovò questo biglietto in terra vicino alla televisione due giorni dopo la partenza di Gianni. Come poteva essere lì? E poi, in o per cosa era pronta? Dove doveva guidarla Ernesto? Istintivamente affacciò il suo volto al di là della televisione e vide il buco. Un ventolino caldo le accarezzò gli occhi. No, non era possibile che il biglietto fosse uscito da là dentro, che follia! In quel momento vide Argo appoggiare le zampe anteriori sul piano della televisione e infilare il muso dentro il buco annusando rumorosamente. Le orecchie di Julia ruotarono ma non percepirono alcun rumore particolare, tranne il sibilo leggero di quel vento simile ad un respiro. “Alito” lo aveva chiamato Ernesto. Prese il cellulare e digitò il suo numero.
“Ernesto sono io, devi venire subito, stanno accadendo delle strane cose in questa casa!”
“Strane cose? Allora forse è davvero arrivato il momento. Arrivo!”
Il primo ad entrare in casa fu Spike, che precedette Ernesto alla televisione scodinzolando e cercando di saltarvi sopra con le sue gambette corte che rendevano l’impresa impossibile. Sembrava impazzito e non smetteva di abbaiare in direzione del buco.
“Ho trovato questo biglietto in terra. L’hai messo tu Ernesto? Perché non ci ho pensato prima, sei entrato senza dirmelo per farmi uno scherzo?”
Ernesto lesse quelle poche righe.
“Finalmente andiamo a cercarlo! No Julia, non sono stato io a mettere quel biglietto e non si tratta di uno scherzo. È venuto dal buco, quello famoso dietro la televisione. È un passaggio segreto creato da una persona che tu conosci.”
Julia si sedette sul divano. “Un passaggio segreto? Creato da una persona che conosco? Ernesto, io ti credevo una persona normale, ma cosa stai dicendo?”
“Il buco dietro la tua televisione è l’imbocco di un tunnel molto lungo”
“E dove finirebbe questo tunnel ?”
“Questa è una cosa che non posso dirti. Io posso solo guidarti. Il resto lo scoprirai tu stessa”
“Non dirmi che tu dovresti guidarmi all’interno di quel buco! Come dovremmo entrarci, con la fiala di Alice nel paese delle meraviglie? Sarà si e no cinque centimetri di diametro!”
“Ci entrerai attraverso Argo”
“Dovrei cavalcarlo ? Certo, così entriamo ancora meglio! E poi chi sarebbe la persona che conosco che ha creato questa meraviglia e per cosa sarei pronta?”
“Elisa ha creato il tunnel fino a casa tua. Ha fatto una buona opera. L’ho già provato più volte e funziona benissimo, ti assicuro”.
“E io ho affidato le mie chiavi di casa a un pazzo che fa avanti e indietro in un tunnel largo cinque centimetri che porta….dove porta il tunnel Ernesto?” Julia ritornò immediatamente seria, dopo aver difficilmente evitato di scoppiare a ridere osservando le manovre di Spike.Era riuscito a saltare più in alto ed entrava e usciva dal buco con l’aria di divertirsi tantissimo. Dopo lo slancio, per entrare il suo corpo si sgonfiava come un palloncino, mentre quando usciva, sparato come una palla di cannone, si sollevava per un attimo in aria gonfiandosi fino a raggiungere la sua dimensione normale.
“Da Elisa, da Gianni, da altre parti che non posso o non so dirti” rispose Ernesto osservando il suo Spike con occhi sognanti come se non aspettasse altro che sgonfiarsi e gonfiarsi anche lui. “Ma soprattutto abbiamo una missione. Dobbiamo trovare Orlando, un’altra persona che conosci. O sbaglio?”.
“Orlando…si chiamava così il mio ex compagno espulso dalla scuola. Ti riferisci a lui per caso?”
“Esattamente”.
“Perché dobbiamo cercarlo noi, perché adesso dopo tanti anni, perché in quel buco?”
“Perché prima i tempi non erano maturi. I Kuomi erano pochi e l’impresa sarebbe certamente fallita. Attraversando il tunnel incontrerai nuovi Kuomi che cercano Orlando, o forse qualcuno lo ha già trovato. Non dobbiamo cercarlo soltanto noi. Noi siamo solo due tra i tanti che si sono già messi in cammino.”
“Mi sento un po’ confusa. Perché io sarei pronta e come entrerei nel tunnel attraverso Argo?” I salti a più dimensioni di Spike e lo sguardo divertito di Argo che lo guardava scodinzolando avevano già persuaso Julia che dietro quel misterioso buco doveva veramente nascondersi qualcosa di interessante.
“Tu sei pronta perché hai fatto in modo che il tuo cane abbia stretto con te una relazione vera, fatta di scambi, di pazienti comprensioni, di osservazioni,riflessioni, attese e silenzi. Siete in grado di collaborare tra voi e con altri, guidati dalla tua consapevolezza dei vostri limiti e delle vostra possibilità. Tu puoi entrare in Argo e lui può entrare in te. Ma per l’ingresso nel tunnel è Argo che dovrà aiutarti perché il suo istinto ed il suo odorato lo spingeranno ad entrare senza paure ed esitazioni. Noi umani ci facciamo troppe domande, non credi? BÈ non temere, serviranno anche quelle a suo tempo”. Ernesto le dette una pacca sulla spalla.
“Ma in pratica cosa devo fare?”
“Conosci il tuo cane come le tue tasche e ti fidi di lui, vero?”
“Certo che è vero!”
“Allora poni la tua testa sotto la sua mandibola e chiedigli di prenderti con sé”
“E lui come mi prenderà?”
“Ti inghiottirà in un solo boccone !”
VI
“Non dobbiamo portare niente con noi Ernesto?” chiese Julia.
“No, non avrai bisogno di niente”
“Devo avvisare a lavoro. Chiederò ferie”
“Puoi anche non perder tempo, dato che non sappiamo quando torneremo. Forse è meglio sparire, tanto le Talpe non ti cercheranno, i Kuomi sanno e molto probabilmente al nostro ritorno il tuo mestiere non avrà più ragion d’essere. Pensavo solo di avvertire Ida. Le diremo che faremo un bel viaggio insieme e che torneremo presto. Si preoccuperebbe tantissimo se ci vedesse sparire da un momento all’altro senza una spiegazione. Mi pare che ora sia in casa. Vado a chiamarla per un caffè. Le diremo che partiamo stanotte. Così non avremo problemi di farci vedere uscire di casa con le valigie. Sei pronta per stanotte Julia?”
“Ormai sono già con la testa dentro mi pare. Si, stanotte entreremo nel tunnel, se davvero il metodo per farlo è quello che mi hai detto. Mentre vai a chiamare Ida metto su il caffè, credo di avere anche dei buoni pasticcini da qualche parte. Ma non possiamo lasciare che Spike continui i suoi trapassi davanti a Ida !” disse Julia che sentiva una crescente eccitazione al pensiero di quell’avventura di cui si sentiva parte.
“Porto Spike con me e lo lascio in portineria. A fra poco”.
Quando Ernesto suonò il campanello dell’appartamento di Ida il primo a rispondergli fu il delicato miagolio del gatto Elliot. Era stato il gatto del marito di Ida, quando lui era ancora in vita e Ida era ancora una Talpa beta. Suo marito era avvocato ed aveva stretto un legame fortissimo con Elliot, che si portava ogni mattina in studio e trascorreva con lui l’intera giornata. Aveva sempre sofferto del fatto di non potersi portare il gatto a letto perché Ida glielo aveva drasticamente proibito.
Ida era una bella donna di quarantacinque anni e suo marito era morto sei anni prima alla stessa età. Era sempre stata maniaca nella cura di sé stessa e della casa, terrorizzata anche dal più innocuo insetto o animaletto, tanto che aveva un ripostiglio pieno dei più svariati e potenti insetticidi e detersivi che la donna di servizio era stata obbligata per anni ad usare senza parsimonia, ogni giorno. Per anni aveva detestato cucinare e aveva cenato fuori, ogni sera. Adorava il sushi in particolare e così, con il marito, si recava spesso al ristorante giapponese, ignorando tutto ciò che si diceva di inquinamento del mare, dei pesci e dell’ambiente. Finchè un giorno al marito fu diagnosticato un tumore e se ne andò dopo tre mesi. A distanza di un anno, fu Ida ad essere colpita dalla stessa malattia, ma nel suo caso si trattò di uno stadio iniziale e con un intervento e un po’ di radioterapia se la cavò. Elliot si rivelò un aiuto fondamentale per non farla precipitare nella depressione e adesso Ida lo amava come la cosa più preziosa al mondo, prima del parrucchiere, dell’estetista, degli abiti alla moda, dei pavimenti lucidi, dei divani impeccabili e, naturalmente, del sushi. Fu durante il ricovero in ospedale del marito che Ida aveva iniziato ad amare Elliot, quando si accorse che il gatto aveva smesso di mangiare e sembrava lasciarsi morire giorno dopo giorno. Aveva sempre considerato lui, come tutti gli animali, un oggetto come un altro, ma con il difetto di sporcare e richiedere cibo. Quando la veterinaria, dalla quale lo portò per amore del marito malato, le spiegò che i gatti possono soffrire di depressioni fortissime fino a morirne, lo sguardo di Ida su di lui cambiò, e con esso il suo sguardo sul mondo. Al termine del ciclo di cure per il suo tumore, si recò al canile e prese un piccolo meticcio bicolore di nome Cecio, che adesso condivideva con Elliot il divano del salotto ed il letto dove era poggiata la foto di suo marito sorridente.
Ida accolse Ernesto con il suo bel sorriso struccato, mentre Spike e Cecio presero a rincorrersi felici nell’ampio ingresso.
“Ciao Ernesto, vuoi entrare?”
“Grazie Ida, ma ho un po’ di cose da fare ancora. Volevo avvisarti che io e Julia abbiamo deciso di fare un viaggetto insieme e che partiremo stanotte”.
“Oh, così presto? È stata proprio una decisione improvvisa! Ti ringrazio di avermi avvisato, sapevi che mi sarei preoccupata altrimenti, vero? Dove andate e quando tornerete?”
“Oh beh….abbiamo trovato una last minute per le isole Azzorre e resteremo via un mese circa”
“Ah, una bella vacanzona! Ok, allora al vostro ritorno tutti da me per pizza e proiezione foto! Le Azzorre devono essere splendide. Ho visto dei documentari sull’avvistamento dei cetacei proprio là!”
“Si, ce ne sono molti. Spike, andiamo!”
“Non preoccuparti se mi hai avvisato solo ora, Spike e Argo possono comunque restare da me da stasera”
“Grazie Ida, sei sempre molto gentile, ma stavolta lo porterò con me. Anche Argo sarà dei nostri” disse Ernesto sorridendo tranquillo.
“Ma le Azzorre sono lontane, andrete in aereo suppongo…”
“Avremo bisogno dei nostri cani. La compagnia aerea è avvisata. Dai, sali da Julia, ci prendiamo un caffè insieme per salutarci. Io porto Spike in portineria e sono da voi”.
“Va bene. A fra poco. Non ho avuto neanche il tempo di farvi una torta….” Disse Ida rammaricata.
VII
Arrivarono le tre di notte. Il condominio dormiva. Era il momento di partire.
Ernesto aveva recuperato Spike, che aveva ripreso i suoi salti nel buco, seguito dallo sguardo fremente di Argo.
“Entrerò prima io” disse Ernesto a Julia.
“Tu guarda bene e fai semplicemente la stessa cosa. Appena varcherai il buco, io sarò lì ad aspettarti. Ci troveremo uno di fronte all’altro proprio come siamo adesso, solo dall’altra parte. Tutto qua, per ora. Sei pronta?”
“Mi scappa di nuovo fortissimo la pipì Ernesto, lasciami ancora un minuto per tornare in bagno” e Julia corse via pigiandosi le mani sulla pancia. Tornò camminando lentamente e si affiancò ad Argo cominciando ad accarezzarlo.
“Puoi partire tra una ventina di minuti Ernesto? Sento di aver bisogno di ossitocina”. Julia disse queste parole sicura che avrebbe ritrovato l’equilibrio necessario per quel nuovo viaggio.
Ernesto annuì e si sedette vicino a lei invitando Spike a saltargli in braccio.
I minuti passarono lentamente uno dopo l’altro nel silenzio pieno della notte, scanditi dai movimenti dolci della mano di Julia sul fianco del suo ibrido dorato. Fino al ventesimo. Allora Ernesto si alzò in piedi e con voce rassicurante pronunciò poche parole.
“Il tempo della conoscenza e dell’attesa è passato. Non ci resta che andare”.
Poi guardò Spike negli occhi e disse una sola parola.
“Partiamo !”
Julia fece appena in tempo a vedere la bocca spalancata del Jack Russell richiudersi sopra qualcosa tipo una pallina. Ernesto era sparito e Spike saltò nel buco senza riapparire.
Rimasta sola con Argo che la interrogava girando leggermente la testa, Julia fissò i suoi occhi ambrati incorniciati di nero, avvertendo una piacevole sensazione di attrazione. Spontaneamente disse “Partiamo”. Senza accorgersene, si trovò in un posto caldo e accogliente nonostante la mancanza di luce. Poi una brezza leggera la spinse attraverso un’inferriata bianca. Nel buio si accese una luce e Julia potè vedere davanti a sé Ernesto affiancato da un gigantesco Spike. Le teste dei suoi due amici erano alla stessa altezza. Si voltò indietro e, una ventina di centimetri sopra la sua, vide quella di Argo. Capì allora che l’inferriata bianca che aveva attraversato erano i suoi denti appuntiti. Vedere i cani così grandi la fece sorridere, pensando che si fosse materializzata quella sorta di energia e gioia vitale immensa che aveva sempre trovato in loro. Ernesto le fece il segno di seguirlo e si voltò incamminandosi nell’oscurità. Dai suoi pantaloni Julia vide spuntare una piccola coda di Jack Russell, esattamente maculata come quella di Spike. Iniziò a muoversi, ma dovette fermarsi subito per un pizzicore alla schiena. Allungandosi per dare una grattatina, la sua mano afferrò dei peli lunghi e morbidi. Si voltò e i suoi occhi intravidero qualcosa di sfuocato che oscillava a partire dal sul fondo schiena. Capì. Le era spuntata la coda di Argo, che si ergeva fiera arricciolata sul dorso. Un altro sorriso compiaciuto inarcò le sue labbra. Riprese il cammino dietro a Ernesto e a Spike, seguita da un Argo più grande di lei e nella nuova consapevolezza che Ernesto era un Kuomo. E lei anche, da adesso.
VIII
Ernesto continuò a camminare senza voltarsi e senza proferire parola. Julia e Argo seguivano il suo passo lento dentro il tunnel. Eppure comunicavano, come un branco di lupi che si sposta. Tutti sentivano che la strada era quella giusta e che non correvano pericoli, lo leggevano dall’andatura morbida e senza fretta della loro guida. Il tunnel era molto stretto e, nonostante alla loro vista non giungesse alcuno spiraglio di luce, l’aria che si respirava al suo interno era fresca e sembrava rinnovarsi continuamente. Era proprio come un respiro, quello stesso che era entrato in casa di Julia quando aveva scoperto il buco. Se ne poteva sentire il rumore, quasi ci fosse qualcosa addetto a mantenere l’aria piacevolmente respirabile. Nel suo lento procedere, Julia pensò all’incredibile cambiamento del suo stato. Solo pochi mesi prima non avrebbe mai creduto di poter un giorno addentrarsi in un posto simile, né di trasformarsi in Kuomo. Le sarebbe stato impossibile persino visitare una tomba etrusca, o le catacombe di Roma, nonostante la sua grande passione per la storia antica. Anche per entrare e uscire da una galleria in autostrada doveva vedere la morte in faccia, sbattutale davanti da Panico che amava portarla a giro con sé. Visioni tremende che adesso attraversavano i suoi pensieri come un film di cui era protagonista un’altra Julia. Le sue vecchie emozioni e sensazioni potevano ormai essere soltanto guardate e comprese dai suoi nuovi occhi, ma non più provate dal suo nuovo corpo di Kuomo.
Via via che il branco avanzava, l’oscurità del tunnel era rischiarata dagli occhi dei suoi quattro membri, resi fanali dall’abitudine al buio. Julia cominciò a distinguere sulle pareti terrose la presenza di lombrichi, piccoli insetti neri e qualche talpa. Queste erano animaletti molto carini e Julia provò a sfiorarne una. Era morbidissima. Perché le Talpe umane portavo il nome di quei simpatici topini verso cui provò un immediato istinto di protezione?
Passarono molti passi prima che Ernesto si fermasse e facesse segno a Julia di avvicinarsi. Quando lei le fu al fianco, la sua guida si fece da parte come il sipario che si apre sulla scena. A terra davanti a Julia giaceva la pelle di un serpente enorme. Per quanto potevano permettergli di distinguere le sue pupille ormai abituate all’oscurità, la pelle aveva sfumature di vari colori. Verde, blu, rosso, giallo, viola, nero, bianco si mescolavano in una miriade di punti variopinti.
Julia interrogò Ernesto con lo sguardo. Cos’era? Dov’era quell’animale? Dovevano temerlo?
“Lo incontreremo” si limitò a dire Ernesto ,“Quasi tutte le domande che hai avranno una risposta”.
“Le risposte cambiano e le domande si ricreano” disse Julia.
“Si, come la pelle del serpente. Quasi” rispose Ernesto.
“Noi Kuomi siamo quasi uomini e quasi cani. I cani qui sono quasi mostri meravigliosi” replicò Julia.
“Vedi la terra sulle pareti, sotto e sopra di noi? È un grande miscuglio di minerali, acqua, microrganismi. Anche noi facciamo parte di questo miscuglio, contaminati e impuri. Ibridi. Benvenuta nello splendido mondo della Vita. Il vento che senti è il suo soffio, il respiro del serpente, l’Alito della sua bocca paurosa e dolcissima”. Ernesto s’incammino senza aggiungere altro.
Le code di Julia e Argo si drizzarono dietro di lui e lo scorrere dei passi riprese da dove si era arrestato.
IX
Continuando a camminare, Julia pensava al miscuglio di cui aveva parlato Ernesto e si sentì anche un po’ serpente. Anche lei in un certo senso aveva cambiato pelle, si era rinnovata prima di entrare quasi strisciando in quel tunnel stretto apparentemente inadatto ad ospitare un essere umano. Procedeva passo dopo passo nella terra e nel buio, sapendo di cercare ma non bene dove, come una talpa. Cominciava ad aver fame e sete. Per la prima volta si trovava a camminare senza lo zaino con la borraccia, la cioccolata e le patatine per reintegrare i sali e le energie perse. Ma non dovette attendere a lungo per soddisfare i suoi bisogni. Sulla parete del tunnel si creò una spaccatura e dell’acqua limpidissima cominciò a sgorgare abbondante.
“Bevi! Cen’è per tutti ed è squisita!” esortò Ernesto. Julia non se lo fece ripetere due volte e si gettò a bocca aperta sotto l’acqua scrosciante. Era freschissima e leggera, non avrebbe mai smesso di berla.
“Non ho mai bevuto con tanto gusto!” disse Julia. Era così grande il piacere di stare sotto quel getto e di vedere Ernesto,Spike ed il suo caro Argo danzarvi dentro sorridenti, che la domanda spontanea su come quella sorgente fosse potuta apparire dal nulla passò in secondo piano. Ma Ernesto la sentì e rispose.
“Dopo aver attraversato il buco, tutti i bisogni primari vengono soddisfatti. Chi ha sete può subito bere, chi ha fame può subito mangiare, chi ha sonno può subito dormire e chi vuol riprodursi potrà farlo senza preoccupazioni, perché ogni cucciolo sarà sfamato e accudito con amore”. In quel momento sull’altro lato del tunnel si aprì una spaziosa caverna dove erano depositati ortaggi, frutta, cereali e poca carne.
Ernesto indicò la caverna sorridendo “Prego, servitevi amici!”
Argo e Spike si fiondarono sull’ammasso di ciccia e grasso, mentre Julia prese del riso, dei pomodori e qualche frutto. Mentre si svolgeva l’allegro banchetto, un improvviso tonfo fece rimbombare la caverna. Il tunnel le fece eco. In un attimo Argo, Spike e Julia si girarono verso il punto da cui era provenuto il forte botto. Argo ringhiò. Su un lato della caverna un gran polverone si dissolse rapidamente lasciando trapelare la sagoma di un’enorme statua raffigurante un uomo con il busto spezzato.
“Una Talpa pietrificata”, disse Ernesto. “Entrano qui e pensano di poter far da padroni come sempre. Si abbuffano sulla carne e si pietrificano all’istante. Non soffrono, non preoccuparti Julia. E non rimarranno sempre così. I Kuomi rispettano la vita di tutti, anche quella di chi non rispetta quella di nessuno. Dobbiamo solo avere il tempo di far vedere un’altra realtà, un’altra verità e un’altra possibilità”.
“Sono stati i Kuomi a farla pietrificare? Mi hai detto che siamo venuti qui per cercare Orlando, che sparì dopo che il suo professore Talpa Alfa aveva visto la sua coda di barboncino. Chi lo ha portato dentro il tunnel? Non sono state le Talpe Alfa, vero? Perché avrebbero dovuto portare lui e altri Kuomi in un posto così, dove qualcosa le fa pietrificare? non capisco…” smise di parlare e guardò Argo aprendo e chiudendo lentamente gli occhi per calmarlo. Con l’aiuto di qualche leccata di naso bastarono pochi secondi e Argo si accucciò. Julia rimase in silenzio.
“È accaduto diversi anni fa. Alcune Talpe avevano costruito un bunker sotterraneo dove portare i Kuomi che riuscivano a scoprire, per rinchiuderli e impedirgli di smontare quello che in tanti anni le Talpe avevano costruito: vicoli ciechi, limiti chiusi, divisioni, razze, categorie. Quello che i Kuomi dicevano era troppo semplice da capire e accettare e, dunque, pericoloso. Anche un bambino avrebbe potuto comprenderlo, anzi, per lui sarebbe stato ancora più immediato. Ma come alcune mamme rendono i loro figli paurosi dei cani quando basterebbe poco ad imparare il loro semplice e schietto modo di comunicare, le Talpe volevano e vogliono rendere i figli della loro società timorosi verso ciò che è diverso e imprevisto all’interno dei confini precostituiti, ma non poi così difficile da realizzare. Per questo i cani sono un passo importante per non diventare Talpe, perché sono animali sociali e comunicano senza preconcetti, senza parole, con la disposizione a leggere e capire i nuovi linguaggi che si trovano davanti. L’unione di uomo e cane è una forza portentosa. Tanto portentosa che i Kuomi scoprirono facilmente il bunker segreto delle Talpe. Si trattò solo di annusare e cercare. Il serpente fece il resto”.
“Quanti anni ha il serpente?”
“Non possiamo saperlo, per ora. Ma sappiamo che ogni anno cresce e che cambia la sua pelle a pezzi, perché è molto grande e disomogenea. Il serpente non è mai uguale a sé stesso. Panta rei, ti dice qualcosa?”
“Si, Eraclito” disse serenamente Julia, che aveva studiato filosofia sui libri, e la ritrovava in quella che non sapeva se definire scienza, fantascienza, mitologia, religione o sogno. Ma era lì, palpabile come la pelle del serpente che aveva visto molti passi prima.
“Andiamo avanti adesso, c’è gente che ci aspetta!” esortò allegramente Ernesto.
Con quell’ometto basso e grasso sembrava tutto un meraviglioso gioco e non si poteva far altro che giocare.
X
Guardando i suoi piedi che procedevano sulla terra, Julia pensava con calma a Orlando. Perché, se i Kuomi avevano scoperto il bunker delle Talpe, il suo compagno non era tornato e doveva andare a cercarlo con Ernesto? I pensieri si muovevano tra le sue gambe marcianti come una scia leggera trasportata senza sforzo e senza preoccupazione. Lungo il cammino ogni tanto si aprivano sorgenti e apparivano statue di Talpe, davanti alle quali Spike scodinzolava, come per invitarle a partecipare al gioco della loro missione. Argo invece le controllava fiero e attento, consultando i movimenti del corpo di Julia per ricevere conferma che non c’era bisogno né di attacco, né di fuga. E il suo passo procedeva tranquillo.
Ad un tratto Spike si lanciò in una corsa velocissima fino a sparire alla vista, seguito da Argo che voleva tenere unito il gruppo.
“Non importa che ti metti a correre Julia, arriveremo presto. L’olfatto di Spike ci ha preceduto di non molto” disse Ernesto notando lo sguardo interrogativo della sua compagna di viaggio.
“Argo sta tornando” esclamò Julia pochi respiri dopo, accendendo lo sguardo nel sentire da lontano i colpi delle enormi zampe di Argo che correvano sul terreno.
“ Sta sorridendo, evidentemente ha raggiunto Spike ed è tutto a posto” disse Julia.
“Quelle orecchie rotanti sono davvero un bel dono. Una dotazione in più che molti Kuomi non hanno. Grazie dell’avviso…oh eccolo che arriva!” sorrise Ernesto avvistando l’ombra di una grande massa in avvicinamento.
“Non dobbiamo salire in groppa ad Argo per raggiungere Spike più velocemente, vero?” chiese Julia conoscendo già la risposta della sua guida.
“No Julia, lasciamogli vivere la sua natura di pastore in libertà. Continuerà a fare avanti e indietro tra noi e Spike ed il suo sorriso sarà la sua e la nostra gioia. Approfittando del nostro passo lento e nella serenità della percezione dei nostri cani felici, voglio raccontarti qualche barzelletta. Era così tanto che mi mancava il tempo di farlo!”
“E a me quello di ascoltarle!” rispose Julia.
Passarono molte barzellette, molte risate e molte corse di Argo tra apparizioni di fresche sorgenti prima che uno spiraglio di luce spuntasse in lontananza, accompagnato da un accogliente abbaio basso e potente.
Argo fece la sua ultima corsa e con la sua mole coprì lo spazio luminoso, come la luna copre il sole durante l’eclissi.
XI
Quando Ernesto e Julia raggiunsero Argo, furono accolti dalla sua grande coda che sventolava come una bandiera su un territorio conquistato. Accanto a lui sorridevano Antonio, Mary e i loro due maremmani che sovrastavano ben oltre le loro teste. Dietro di loro si apriva una distesa d’erba verdissima, punteggiata di tanti e diversi piccoli fiori colorati.
“Anche voi da queste parti?” Julia, senza sapere perché, non era molto meravigliata di trovarsi davanti il quartetto delle case minime che aveva conosciuto un tunnel e qualcos’altro prima.
“Ciao Julia. Com’è cresciuto Argo!”
“Già, quasi quanto i tuoi cani ! Toglietemi una curiosità: eravate Kuomi anche prima del tunnel? O la trasformazione è avvenuta dopo il saltimbocca?” chiese Julia
“Siamo Kuomi da molto tempo. Sia io che Mary abbiamo trascorso la nostra infanzia tra gli animali, anche se in posti diversi. Mary è sudamericana, penultima di nove figli. Ècresciuta da sola, accolta dalla strada e dai suoi abitanti più disponibili, i cani randagi, dai quali ha imparato tutto per sopravvivere. Io ho un’altra storia. Sono nato in provincia di Salerno, in campagna. Ho visto uccidere mio padre e mio fratello nel tentativo di difendere alcune decine di Euro ricavate dalla vendita di frutta e verdura. Volevano depositarle sul conto in banca, da tempo in rosso. Hanno sparato a tutti e due. Io mi salvai perché mio padre mi disse di trovare riparo sotto i sedili. Avevo solo quattro anni. Avevo anche una sorella più piccola, che morì un anno dopo per una polmonite scambiata per raffreddore. A sei anni fui considerato abbastanza grande per poter cavarmela da solo e mia madre non si faceva mai trovare a casa. A volte non rientrava neanche la notte. Ero appena un ragazzino quando decisi di trovare gli assassini di mio padre e mio fratello e di vendicarmi. Tutta la rabbia che avevo in corpo uscì in un solo colpo, che non fallì. Per questo sono finito in carcere, dove conobbi Mary, colpevole di qualche furtarello da cane randagio. Una volta fuori dal carcere, fu il grande intuito di Mary a trovare i nostri maremmani, ancora piccolissimi , abbandonati sul ciglio di una strada da qualcuno che magari in carcere non c’è mai stato. In loro trovai la mia ancora di salvataggio, la base da cui ricominciare, innamorandomi, con essi, di tutte le stranezze di Mary. Le Talpe ci hanno sempre schivato e non si sono mai accorte della nostra coda. Strana situazione la nostra. Supersospettati in tutto, ma al di sopra di ogni sospetto di kuomità!”.
“Ehi laggiù, venite!” li interruppe Ernesto facendo segnali con la mano da lontano.
Julia si accorse che Argo era sparito.
“Dai, sali in groppa che ci facciamo una bella corsa!” la incitò Antonio, balzando su Rocco e porgendole la mano. Mary li fissava sopra Paco, il fratello di Rocco, ,pronta a partire. Julia non se lo fece ripetere due volte. Lanciarsi su quel prato meraviglioso aggrappata alla morbida pelliccia di Rocco doveva essere un’esperienza unica. Raggiunsero Ernesto veloci come il vento e, oltre il dosso, davanti agli occhi di Julia fece la sua comparsa la casetta storta di Elisa, che li attendeva davanti alla scaletta di pietra storta, innalzando dietro di sé la coda di Brina e la spazzolona bianca del fratello di Argo.
Julia scese e la avvolse in un lungo abbraccio senza parole. Alla destra di Elisa potè scorgere l’asinello, anche lui in una dimensione decisamente più grande. Sorrise. Anche gli asini qui sovrastavano i Kuomi! Quasi nello stesso momento una gallina gigante becchettò qualcosa dai suoi capelli. “Devono essere briciole cadutemi in testa durante i pasti nel tunnel!”pensò Julia, e la gallina si allontanò soddisfatta.
“Entriamo in casa. Devo presentarvi qualcuno” disse Elisa. Mentre Ernesto, Julia, Antonio e Mary si apprestavano ad arrampicarsi sulla scaletta di pietra storta, una parete rocciosa rispetto alle loro nuove dimensioni, Spike ed Argo correvano ridendo inseguiti dalla gallina. L’asinello li incitava al suono di ih oh. Da lontano li guardavano Brina e un cane tutto nero, nel cui muso si faceva fatica a distinguere gli occhi. I due maremmani avevano preso posizione ciascuno a un opposto margine della scena.
XII
Julia riconobbe il vecchio pavimento della casa natale di Argo. Rivolse gli occhi in alto, seguendo i gambi del tavolo da pranzo e poi la nuvola di fumo che sovrastava l’enorme cucina economica sulla quale bolliva quello che sembrava un pentolone eterno.
Mentre si guardava attorno, sentì il rumore dei passi venire dall’alto. Due, forse tre passi e poi dei grandissimi piedi spuntarono dalla scala in fondo alla stanza, seguiti da altri due più o meno della stessa dimensione. Erano i piedi di Maia e di un’altra bambina un pò più scura di pelle, che doveva essere una sua amica. Le due nuove arrivate avevano conservato le loro proporzioni rispetto alla casa.
“Ciao Maia!” la salutò Julia abbracciando il suo polpaccio “Lei è una tua amica?”
“Ciao. Si, lei si chiama Fatima. Viene dal tunnel come voi, soltanto che è entrata da un’altra parte. Ha un cane nero, tutto nero come la sua coda!” e Maia, con la grande mano dall’aspetto infantile, afferrò una lunga coda nera dietro la gonna dell’amica.
“Ernesto! Non ripartire troppo presto, ti prego! Dobbiamo ancora finire di giocare alla play! Fatima, sai, con lui è divertentissimo, ha un sacco di idee, ma è un disastro con il joistick!”
“La play?” intervenne Julia. “Cosa ci fa la playstation in casa tua, Elisa, in mezzo a pentoloni, cucine a legna e scale storte? Ti sei abbassata alla tecnologia, facendoti mettere i piedi in testa da Maia che è diventata così grande?”
“Èstata una mia decisione di regalarla a Maia. Capirai a tempo debito. Quanto alle dimensioni, nel mondo dei Kuomi i piccoli talvolta sono i più grandi, i cosiddetti senza cervello possono essere quelli che ne hanno di più, il pazzo è normale, il tunnel è aperto a tutti.”
“Dov’è Settimo?” chiese Julia cambiando argomento. Le sembrava di conoscere da una vita il modo di parlare enigmatico di Elisa, l’ invernale copertura di neve sotto il cui gelo nascondeva fatti e pensieri in attesa che qualcuno o qualcosa li svegliasse dal loro letargo.
“In giro per il mondo ad installare consolle” rispose Elisa. Julia capì che anche su questa frase si stendeva il suo manto nevoso.
“Caffè e torta per tutti adesso! Vado a sfornarla e ci accomodiamo tutti qua sotto per completare le presentazioni. Brina! Vieni ad aiutarmi per favore!”
A quel richiamo Brina balzò in casa e si accucciò davanti ad Elisa per permetterle di salirle in groppa. Insieme si avviarono al forno, Brina lo aprì con la bocca e Elisa sfornò la torta rivelando una poderosa muscolatura delle braccia. Brina si riaccucciò sotto il tavolo e la torta scivolò dolcemente a terra. La stanza si riempì del profumo di burro e uova cotti, mentre Elisa apriva un piccolo sportello nel muro per prenderne piattini e tazzine a misura dei Kuomi. Julia fu contenta di quel momentaneo ritorno di Elisa a Brina, alla mamma, alla gialla estate assolata raffigurata sulla piccola tovaglia che aveva disteso a terra. Ma il cane bianco con la guardiana ed il suo gelo non avrebbero tardato a ritornare.
Mentre facevano merenda ridendo delle barzellette di cui Ernesto sembrava avere una riserva infinita, Julia, nella rientranza che era stata la culla di Argo, scorse una decina di piccole talpe uscire da un buco e infilarsi rapidamente in un altro. Le ritornò in mente quello che aveva detto Ernesto. Il tunnel che sbucava in casa sua era stato creato da Elisa. Con l’aiuto di quei piccoli animaletti, forse?
“Si Julia, le nostre amiche talpe ci stanno dando un grande aiuto. Hanno scavato il tunnel fino a te e ne stanno scavando tantissimi altri. Si erano stufate di sentir usare il loro nome per definire un certo tipo di persone, e così hanno deciso di collaborare. Una notte ho sorpreso il maiale che era rimasto incastrato nel buco, perché non ha ancora perfezionato la capacità di sgonfiarsi. Ma ci sto lavorando, perché anche lui vuole entrare nel tunnel per ridare dignità al suo nome” disse Elisa, che aveva capito benissimo i pensieri di Julia, come sempre.
XIII
“Gianni vi sta aspettando, come sapete” disse Elisa dopo aver bevuto l’ultimo sorso di caffè, sorvolando con lo sguardo sopra Antonio, Mary ed Ernesto. Questi, sollevato da Maia, aveva preso postazione davanti alla play station. I grandi occhi nocciola della padrona di casa, come farfalle dalle suadenti ciglia, si posarono su Julia e Fatima.
“Per essere qui avete già fatto tanta strada e molta ancora ne farete. Lascio a voi il tempo e il modo di presentarvi lungo il cammino che vi attende. Fatima parla molto poco l’italiano, ma riusciamo a capirci. A voi la scelta di insegnarle l’italiano, di imparare l’iraniano o di inventare una lingua meticciata, cosa probabilmente più velocemente realizzabile e divertente”. Poi Elisa tacque. E la grande bambina parlò.
“Io 11 anni, vengo da Iran. Mio cane nero si chiama Nur. In Italiano vuole dire Luce. Lui guidato me fino qui”.
“Fatima vi sarà di grande aiuto quando incontrerete il serpente..” le parole di Elisa furono interrotte da rumorose intermittenze provenienti dalla playstation.
“Mamma non possiamo più giocare!” piagnucolò Maia rivolgendole lo sguardo implorante aiuto.
“Il gioco sta invece giusto per iniziare, mia cara” rispose Elisa ed un bagliore attraverso il suo sguardo puntato sullo schermo. I cani fuori cominciarono ad abbaiare. I Kuomi balzarono tutti in groppa a Brina e al cane bianco fratello di Argo, spuntato all’improvviso dall’interno della rientranza dove era nato e dove ora le talpe scavavano tunnel.
“Tu resta qui. Continua a giocare” disse Elisa rivolta a Maia, che non osò ribattere. Al galoppo sopra i cani, i Kuomi si precipitarono verso il prato, ma la loro corsa fu fermata dai movimenti ondeggianti del suolo, mentre un vento forte li spingeva indietro.
“Coraggio, dobbiamo raggiungere gli altri cani!”gridò Elisa.
In quel momento il cielo si oscurò ed una spaventosa bocca di serpente divorò le nuvole e iniziò la sua discesa verso di loro. Ripiegati sulla schiena, aspettando di essere trafitti da quei denti mostruosi, i sei Kuomi sentirono scivolarsi addosso qualcosa come una carezza lievissima, un tessuto setoso e profumato di incenso. Avvolti in quel velo, avvertirono vicinissimo l’alito caldo del serpente, che si mise a strisciare intorno a loro. Il cane nero corse ad annusarlo, Spike lo usava come ostacolo per il salto a zig zag, mentre Argo lo guardava immobile e impettito. La gallina fermò il suo coccodè davanti a lui e depose un uovo. Il serpente lo ingoiò e la gallina riprese il suo cammino. Fatima allungò la mano da sotto il velo e la posò sulla testa del serpente. Tutti i Kuomi allora sbucarono fuori dal manto che li aveva protetti. Tutti e sei sentivano che potevano fidarsi e che forse il serpente era venuto a chiamarli. La grande piccola mano di Fatima raccolse il velo profumato, sul quale alcune api si erano messe a cercare il nettare, e se lo avvolse intorno alla testa, raccogliendo sotto di esso i setosi capelli neri.
“È il velo che la vostra religione impone di portare alle donne che ci ha protetto dai denti del serpente!” disse Julia piacevolmente sorpresa.
“In Islam tutto che è di Dio deve essere velato. Corpo è di Dio e velo protegge corpo. Kuomi e cani non si può far male, come bambini non si può toccare, perché amano vita e ovunque vedono vita, in tutte sue diverse forme. Loro sono di Dio e di vita e così serpente si è fermato”.
“In Italia non sappiamo molto della vostra religione. Ho l’impressione che ci sia molto da scoprire, al dilà dei pregiudizi e del sentito dire”.
“Islamismo ha tante facce. Mia mamma musicista. Lei è Sufi e legge Corano come dobbiamo leggere cane. È una ricerca di altro e di noi. Mio velo protege tutti uomini di buona volontà, tutti fratelli tra loro anche se di religioni e idee diverse”.
Mentre parlavano, videro Mary avvicinarsi al serpente e al cane nero sorreggendosi il braccio destro con la mano sinistra. Poi videro i due animali allungare le lingue sul piccolo arto come per leccare una ferita.
“Si è fatta male cadendo dal cane nel momento del lancio del velo. Istintivamente ha cercato le cure di quei due animali e pare che funzioni” rispose Antonio agli occhi dei suoi compagni bloccati sull’immagine di quel piccolo Kuomo in mezzo alle due enormi creature.
“No permesso tenere cani in mio paese. Mio cane nero chiamano creatura cattiva. Io donna devo obbedire uomo per legge. Io no potevo restare in Iran e lui portato me qui, attraverso buco dietro televisione di mio nonno” continuò Fatima.
“Argo non è nero, ma è un mezzo lupo e perciò, a casa mia, molti pensano sia pericoloso. È nato qui, a Talla, nella casa di Elisa. Ero una persona molto timorosa, o meglio, in preda al panico quando ho scelto di adottarlo. Vivevo rinchiusa in una specie di Harem i cui confini erano le mie sicurezze. Avevo bisogno di un ponte, di un incontro, di un dialogo aperto con il passato, il presente ed il futuro. Argo è un ibrido, un meticcio, un perfetto sconosciuto, ciò di cui avevo bisogno. Ci sono moltissime persone che amano i cani da noi, molti Kuomi. Ma alcuni cani sono più amati di altri, perché appartengono a razze selezionate dall’ uomo per essere sempre amichevoli, giocherelloni e servizievoli con tutti. In una parola, semplici e prevedibili. Pensavo che uno di loro fosse quello adatto a me. Ma la vita mi ha avvicinato ad Argo, l’incognita, a me apparentemente estraneo e addirittura opposto. È stato l’inizio del dialogo, non sempre facile, con lui, con me, e ora con voi, compagni di avventura. Il Panico ha lasciato il posto al Serpente.”
In quel momento il grande rettile variopinto alzò la testa come un cobra.
“Tutti abbiamo bisogno di segni. I cani rispondono sempre a questo bisogno. E hanno insegnato ai Kuomi a dare e capire segni”disse Elisa.
Il serpente tirò fuori la lingua velocemente un paio di volte e si immerse nel terreno.
“È il segnale che dovete proseguire. Seguitelo!” incitò Elisa.
Tutti i Kuomi e i loro cani iniziarono la discesa al buio, guidati, o così pareva, dal serpente.
Antonio Libonati
Maggio 5, 2020Anche in questo caso l’evidenza è l’unicità dell’opera sono enormi… Dico solo che l’autore era di Bari ma trapiantato a Bologna, dove, tra l’altro, è conservato questo splendido gruppo scultoreo totalmente intriso di “pathos e pietas”…