A volte mi capita di sognare ad occhi aperti, pensando a te che sei solo nel mio cuore e nella mia anima, a volte mi soffermo a pensare a quanto sia stata vicina ad abbracciare la completa felicità e a come tutto si sia dissolto in un istante…
Poi vengo risvegliata dal rumore becero delle parole di chi pensa di sapere, di chi fa dell’aborto il proprio vessillo e mi sento tanto tanto confusa, ferita, offesa, arrabbiata, frustrata, come se ogni parola o frase fosse scagliata contro di me anche se so che non è così.
Associate alla parola aborto, ci sono dei termini che stridono con il mio sentire:
Naturale, cosa c’è di naturale ? Naturale sarebbe iniziare a vivere non terminare prima, volontario..ma volontario come?Quanto?
Di solito non lo si fa a cuor leggero, non lo si usa come anticoncezionale; chi “sceglie” di abortire lo fa per gravi motivi di salute propri o del feto, in seguito ad una violenza, per problemi economici o sociali, anche per ignoranza (nel senso di non conoscenza) perché purtroppo, nella maggioranza dei casi, né a scuola né a casa si parla di prevenzione di gravidanze indesiderate (e malattie trasmissibili).
L’aborto è in ogni caso una ferita indelebile nell’animo e nel corpo della donna, che si sente lacerata, perde una parte di sé che non riacquisterà mai, neanche nel caso di altre gravidanze desiderate e pianificate, a maggior ragione se quell’aborto rappresenta l’ultima chance.
Chi prova questa esperienza, viene accompagnato,nella maggioranza dei casi, da senso di impotenza, spesso di colpa che l’atteggiamento della società non fa altro che rinforzare.
La difficoltà di reperire la pillola del giorno dopo, i medici obiettori , la pillola abortiva non somministrata al posto del raschiamento, sono tutti fattori che si oppongono al rispetto della legge di uno stato, in teoria, laico e che sembrano voler infliggere violenze fisiche e psichiche ad una donna che affronta un momento così delicato.
Dopo la mia esperienza di aborto spontaneo al quinto mese di gravidanza, ho avuto modo di capire a fondo il dolore che colpisce le donne e le loro famiglie, il vuoto totale da parte del servizio sanitario nazionale e la pochezza di molti operatori sanitari.
Dopo il raschiamento ho trovato il vuoto: nessun supporto psicologico o psichiatrico e nel contesto delle persone vicine il più totale imbarazzo, la spinta ad andare avanti come se niente fosse, un collezione di frasi stupide e superficiali (dai in fondo un figlio ce l’hai, sei giovane, puoi sempre riprovarci) che mi ha portata a tenere tutto dentro e ha fatto prendere il sopravvento alla rassegnazione e alla volontà di non mettere in imbarazzo nessuno esternando la morte che avevo dentro.
Poco tempo e modo per metabolizzare, la vita che va avanti veloce, e nel frattempo il dolore inespresso che si stratifica, solidifica e diventa un mattone.
Il sorriso sforzato per non pesare sugli altri e non apparire debole e sciocca o ingrata alla vita che mi ha dato moltissimo
Poi la svolta. Iniziare a parlarne pensando a cosa serve a me e non agli altri, confrontarmi e scoprire che, purtroppo, non sono sola anzi siamo tante, forse troppe, ed ognuna ha una sua risorsa per continuare a vivere- nonostante-.
Bisogna ascoltare la voce che abbiamo dentro, il nostro cuore ferito o sanguinante, non dobbiamo riempirci di cose, impegni, parole che non sentiamo. Dobbiamo accettare che quella voragine rimanga tale, nessuna felicità, successo, niente la riempirà o sostituirà quella perdita. Dobbiamo solo pensare che per qualche ora, giorno, mese, le nostre esistenze si sono incrociate e questo niente e nessuno potrà togliercelo.
Ho trovato conforto nell’associazione “Ciao Lapo onlus” (https://www.ciaolapo.it/) che sostiene chi è colpito dalla morte perinatale,organizza convegni, ha un blog, ci sono forum di scambio, si raccontano storie e ci si sente meno sole.
E’ una piccola meravigliosa realtà che propone e riunisce donne a cui manca e mancherà sempre qualcosa anche se hanno tutto il resto
A me ha fornito tanti spunti di riflessione.
Concludo dicendo che non dobbiamo vergognarci di esprimere il nostro dolore e il nostro rammarico, non dobbiamo sentirci sbagliate se ci sentiamo sole ed incomprese. Non dobbiamo arrovellarci cercando un perché è successo. E’successo.
Non c’è un motivo, non c’è una colpa, non C’E’.
Simona
Marzo 2, 2020Hai fatto una precisa e dolorosa fotografia… Arrivi al punto è all’anima. Grazie di cuore. Simona
Monia Tucci
Marzo 20, 2020quando sperimenti riesci a descrivere meglio (purtroppo).
Sara Carnicelli
Marzo 2, 2020Cara Monia, come hai espresso bene le sensazioni, i pensieri, le “colpe” che si provano…. tutto ciò l’ho sperimentato per ben 3 volte, per poi decidere che la mia salute stava venendo meno in nome di quel secondo figlio che tanto desideravo, forse più per mia figlia che per me…. ma proprio per amore di quell’unica meravigliosa figlia che alla fine ho deciso di arrendermi, perché altrimenti rischiavo non solo di non darle il tanto desiderato fratellino, ma anche di privarla della sua mamma…. ma ad oggi, nonostante la ragione mi dica di aver fatto l’unica cosa possibile e “giusta” convivo segretamente con l’eterno dubbio se non mi sia arresa troppo presto, e se quella quarta volta non tentata non fosse stata quella buona……un abbraccio, Sara
Monia Tucci
Marzo 20, 2020non si può vivere di sè e di ma…anche io mi sono posta la stessa domanda, mi sono anche chiesta se fosse il caso di prendere un bambini in affidamento o tentarew la strada dell’adozione…alla fine ho guardato Damiano e ho visto in lui il mio sogno più bello. va bene così sara, amiamoci, perdoniamoci (non so bene neanche io di cosa) coccoliamoci e godiamoci in pieno il nostro meraviglioso gioiello.
Rita
Marzo 2, 2020NON DARE NULLA PER SCONTATO! QUESTO È QUANTO HO IMPARATO CON UN’ESPERIENZA ANALOGA…
Monia Tucci
Marzo 20, 2020quanta verità in queste parole…
Martina
Marzo 2, 2020Bellissime parole… Sei veramente una persona speciale… Con questa storia mi sei arrivata dentro al cuore ❤
Monia Tucci
Marzo 20, 2020grazie. è la mia storia…
Rebecca
Marzo 3, 2020Ho perso mio figlio a tre mesi.. dopo la nascita.. ma le frasi.. la leggerezza con cui si affronta una madre in lutto.. anche a me frasi come “ per fortuna avete un altro figlio” “siete giovani..” .. sono quasi tre anni che Leon non è più qua con noi ed è sul web che ho scoperto di non essere sola.. ho aperto un blog anche io dove ne parlo.. perché credo che se ne debba parlare. Sembra che la soluzione sia dimenticarsene prima possibile.. un figlio non si dimentica non importa quando lo si è perso. Un abbraccio a te e al tuo bambino arcobaleno
Monia Tucci
Marzo 3, 2020Ciao.
Grazie per le tue parole.
Puoi condividere il nome del tuo blog perché credo sia importante conoscere e condividere